PREMIO "FRAGMENTA CURAE" - CONCORSO D'ARTE IN MEDICAL HUMANITIES

Data dell'evento: 
Mercoledì, 15 Novembre, 2017 - 08:15
Tipologia di evento: 
Premio
Ulteriori informazioni: 

Progetto in Medical Humanities e Medicina Narrativa, finalizzato a raccontare storie ed esperienze di malattia in luoghi di cura attraverso l’arte.

La premessa

"Considerando quanto sia comune la malattia, di quali proporzioni il mutamento spirituale che essa produce, quanto stupefacenti, allorché le luci della salute si spengono, i territori vergini che allora si schiudono, [...] appare davvero strano – scriveva Virginia Woolf – che la malattia non figuri insieme all’amore, alle battaglie e alla gelosia tra i temi principali della letteratura" (Sulla Malattia, 1930)

In effetti quell'insorta alterazione organica o funzionale che chiamiamo malattia è una delle esperienze più significative della vita di un essere umano. Eppure sembra doversi confinare fra le pareti degli ospedali, come se non avesse cittadinanza altrove, e allo stesso tempo pare che la medicina abbia svuotato la malattia da ogni altra risonanza non specificamente medica. Come se fosse possibile scindere l'uomo-malato dall'uomo-e-basta. Sebbene la tecnologia e l'iperspecializzazione della scienza medica rappresentino oggi una risorsa feconda, il processo di "cura" di una persona, di quella particolare persona, non può non passare per la complessità tutta dell'essere umano. E la produzione artistica, per sua natura, sa raccogliere bene questa complessità.

Il progetto

Ogni struttura sanitaria dovrebbe assumere l'impegno di accogliere il malato in uno spazio (fisico e umano) dove la dimensione personale degli individui venga rispettata e valorizzata. A questo scopo la Casa di Cura "Di Lorenzo" di Avezzano ha promosso il progetto Fragmenta Curae, finalizzato a restituire al mondo della sanità il volto dell'umanità, ossia delle singole persone che ne fanno parte, incoraggiando artisti, pazienti e professionisti della salute a raccontare l'esperienza della malattia attraverso lo strumento delle scienze umane, che da sempre costituiscono la lente di ingrandimento e la forma espressiva prediletta della dimensione della persona in quanto tale.

L'iniziativa intende dunque raccogliere testimonianze artistiche basate sul tema della sofferenza causata dalla malattia ed ispirate alla questione inerente l'umanizzazione dei luoghi di cura.

L'opera d'arte ha, in questa sede, un valore estetico, ermeneutico e terapeutico insieme.

I lavori che perverranno saranno infatti esposti e integrati nella struttura della clinica, non solo come decorazione degli spazi, ma come intervento funzionale di interpretazione del luogo di cura da parte degli autori. In questo modo la scienza medica si personalizza già a partire dallo spazio che abita, così abbellito e impreziosito.

Ma l'opera d'arte ha anche primariamente un significato terapeutico. La produzione e la fruizione artistica possono offrire una restituzione di senso. L'arte può dare voce all'esperienza profonda della sofferenza (la propria o quella dell'altro), che spesso invece resta inarticolata o muta, appiattita su una cartella clinica. E per dare voce a qualcosa o qualcuno (fosse pure sé stessi) bisogna prima saper ascoltare, capire, prendersi cura: è qui che l'arte si fa strumento di terapia e auto-terapia.

Promuovendo la collaborazione fra arte e medicina ed esplicitando la dimensione umana, talvolta subordinata al dato medicotecnico (che può rimanere sterile se disincarnato dall'umano che lo significa), il progetto vuole in definitiva far maturare una sempre più solida consapevolezza rispetto alla non scindibilità fra biologia e biografia, e una sempre più radicata sensibilità per la personalizzazione delle cure.

Il concorso

Le principali sezioni a concorso riguardano l'arte visiva e raccolgono opere pittoriche e fotografiche. Ma anche la narrazione, come prosa o poesia, rientra a pieno titolo nel progetto, sebbene in una sezione speciale.

Rappresentare o narrare l'esperienza di dolore è sempre comunque una strategia che aiuta il paziente a rimettere insieme le parti di quel sé che la malattia ha spesso prepotentemente frammentato. «Quando si è malati – scriveva la Woolf – le parole [e le immagini] sembrano possedere una qualità mistica« (ibidem), una densità, una potenza e una bellezza ancestrale, preziosissima.

Posti liberi.